venerdì 27 settembre 2013

Una mattinata con LIA LEVI per Venerdì del Libro




Per questo fine settimana  con I VENERDI' DEL LIBRO
 L’amore mio non può di  Lia Levi

 L' amore mio non può
Devo precisare che durante  gli anni in cui sono stata impegnata come Docente di Lettere e referente di Progetti per laboratori di lettura e scrittura creativa, ho  partecipato,  con i miei studenti ed in  percorsi paralleli con altre classi, al giorno della memoria  Per non dimenticare...ogni 27 gennaio.

Perché si celebra il Giorno della Memoria? 


Questa Giornata   della Memoria si ricorda ogni 27 gennaio da 13 anni  perché in questa data le Forze Alleate liberarono Auschwitz dai tedeschi. Al di là di quel cancello, oltre la scritta «Arbeit acht frei» (Il lavoro rende liberi),  il mondo vide  per la prima volta da vicino quel che era successo con  lo sterminio in tutta la sua realtà. Il Giorno della Memoria è un atto di riconoscimento di questa storia: come se tutti, quest’oggi, ci affacciassimo dei cancelli di Auschwitz  e riconiscessimo il male che è stato.
E proprio per un  Giorno della Memoria proposi il testo sensibile di chi ha vissuto nell'epoca  delle leggi razziali del fascismo. Storie quotidiane di chi all'improvviso ha visto travolta la propria vita.
Lia Levi, pisana classe  1931 di famiglia piemontese, da piccolina  si trasferisce a Roma, dove vive ancora oggi. Fondatrice e direttrice di "Shalom", il mensile della comunità ebraica. Sceneggiatrice e giornalista, è autrice di romanzi per adulti e ragazzi, molto apprezzati dal pubblico e dai critici.
 Ho avuto l'opportunità di conoscerla  presso la casa della Memoria a Roma
dove spesso, dopo  essere invitata nelle scuole per parlare con i ragazzi di storia e in particolare della storia di cui è stata testimone, legge e commenta brani del suo libro sul  pregiudizio razziale e sulla persecuzione degli ebrei.

 

"L’amore mio non può" (è un verso tratto da un film con Alida Valli, accompagnò per radio gli ultimi anni della Seconda guerra mondiale).Siamo nel 1939, un uomo vola giù dal muraglione del Pincio a Roma. Non ha retto lo shock di aver perduto il lavoro a causa delle leggi razziali. Ha lasciato un biglietto dove chiede alla giovane moglie di pensare lei a salvare la loro bambina. Salvarla sì, ma come?
 File:Antisemitismo.JPG
Da questo antefatto il libro in cui viene tratteggiata la figura  di Elisa, la moglie che, rimasta sola, è costretta a cercare di cavarsela in mezzo a difficoltà di ogni genere mentre sempre di più incombono le vicende della guerra fino all’invasione nazista dell’Italia. Di esperienza in esperienza, di vicissitudine in vicissitudine Elisa, benché  diplomata maestra, si trova a dover accettare il lavoro di donna di servizio in una famiglia di ricchi borghesi ebrei cui le leggi razziali proibiscono di tenere domestici “ariani”. Ma la comune appartenenza religiosa e la comunanza di destino non la preserveranno da una serie di umiliazioni. Sarà però da questa condizione di umiliata che il destino, quel tragico giorno della deportazione degli ebrei di Roma, tirerà fuori dal suo sacco la salvezza per Elisa e la sua bambina
Il "ricordare” di Elisa ripercorre le tappe di una delle tante storie personali all’ombra della Storia.


 QUESTA E'  L'INTERVISTA CHE GLI STUDENI DELLA MIA CLASSE HANNO FATTO ALL'AUTRICE

La mia è stata un’infanzia di guerra e di persecuzioni, ma non è stata un’infanzia triste. Giocavo e leggevo molto. Ero brava a scuola anche se alle elementari ho dovuto cambiare quattro scuole e
altrettante città. L’italiano è diventato presto il mio punto forte, perché avevo capito una cosa: il tema non è un interrogatorio in tribunale  dove devi “dire la verità e nient’altro che la verità.
Leggevo molto e, se uno ama i libri, gli viene voglia anche di scriverli. Inoltre mi sembrava di aver già letto tutti i libri in circolazione e pensavo che era meglio scriverne qualcuno per conto mio. Solo che ero consapevole di non esserne ancora  capace e allora decisi di rimandare tutto all’età adulta.
Dopo essermi laureata in Filosofia ho scelto il lavoro di giornalista e l’ho fatto per moltissimi anni. Una volta però, sentendo alla radio la puntata di uno sceneggiato, mi è venuta la voglia di buttare giú qualcosa del genere. Ho scritto due originali radiofonici di quaranta puntate l’uno, pieni zeppi di avvenimenti e avventure, che  sono stati messi in onda e persino replicati. Da qui sono partita per abbandonare con tutta calma il giornalismo, e con altrettanta calma intraprendere una nuova carriera, quella di scrittrice. 
 
È naturale che avendo vissuto sulla mia pelle esperienze traumatiche come quelle della persecuzione razziale e della guerra, ho avuto tante cose da tirare fuori e tante emozioni da travasare in altre storie,  vicine alle mie. La mia vicenda personale  parte da quando sono stata cacciata da scuola, per approdare anni dopo a cercare la salvezza dai tedeschi rifugiandomi in un convento e da lì sono venuti fuori i romanzi come L’amore mio non può.

 
- Come si racconta, in aula scolastica, un'esperienza come la Shoah, testimonianza e divulgazione rivolte ai più giovani?
 Con i ragazzi la comunicazione è facile. Le esperienze dei loro coetanei al tempo delle leggi razziali e della guerra fanno scattare subito un forte processo di identificazione. "Ma allora eri una bambina come noi?" mi chiedono sempre con una certa sorpresa».

- Perché molti autori ebrei scrivono per i ragazzi?

Gli ebrei hanno molto forte il senso della famiglia e perciò stando uniti si vedono di piú in faccia. Allora, a uno che scrive, viene voglia di dire qualcosa a questo interlocutore giovane che si vede davanti. D’altra parte, nell’ebraismo c’è un po’ la “fissa” della cultura e perciò anche se uno scrive per i piú piccoli è sicuro (o quasi) di essere letto. Un altro motivo è quello della memoria. Nel rituale ebraico cì'è proprio scritto: ""Lo racconterai ai tuoi figli."" E naturalmente se lo scrittore è ebreo è portato a raccontarlo a tutti i figli, non solo ai suoi. Ma raccontare che cosa? Storie. Vere o fantastiche, ma che abbiano un senso. 
- Come è nato questo libro?
All'inizio  non era nato come libro per ragazzi, ma lo è diventato perché ha preso la strada delle scuole, dove è stato  letto e discusso da moltissimi giovani. Ho poi deciso di scrivere altri libri direttamente concepiti per i ragazzi, proprio perché mi erano molto piaciuti gli incontri nelle scuole e le discussioni che vi si sviluppavano. Scrivere per i ragazzi mi permette di incontrare i miei lettori, di guardarli in faccia, di discutere con loro del libro. E questa è un’esperienza unica. È grande l’emozione che uno scrittore prova a incontrare chi lo ha già letto : è come se il libro venisse riscritto insieme.

 - Segue delle regole particolari quando scrive un romanzo?
 Cerco di tenere sempre presente la mia parola d’ordine interna: primo non annoiare (lo   raccomandava anche un Premio Nobel come Singer) 

e secondo, nel raccontare fatti, anche drammatici, conservare quel distacco, quella serenità che qualche volta prendono il nome di Humour

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