sabato 1 dicembre 2012

Se l’orologio biologico va all’indietro....



Una storia e una critica alla società incapace di accettare chi è “diverso”.






Personalmente  ho ri-letto nell’edizione  Donzelli- Guanda   La storia di Benjamin Button”  da una breve novella di Francis Scott Fitzgerald, The curious case of Benjamin Button, scritta nel 1922, e  pubblicata in questa edizione con le illustrazioni di Calef Brown,  illustratore e autore di testi in versi e «nonsense» per ragazzi, molto  popolare negli Stati Uniti proprio  per la raffinatezza del suo tratto e dell’uso dei colori.
  



Benjamin Button: un  breve ed originale racconto di uno scrittore, Francis Scott Fitzgerald,  che ha giocato  col tempo, un bel vizio per molti scrittori anche con  l'idea suggestiva di raccontare una vita a ritroso.
«Avvolto in una voluminosa coperta bianca, e in parte ficcato in una culla, stava seduto un vecchio dall’apparenza sui settant’anni. I radi capelli erano quasi bianchi, e dal mento stillava una lunga barba grigio fumo».
Così comincia il  racconto breve “di vita al contrario Il curioso caso di Benjamin Button, scritto negli anni Venti da Francis Scott Fitzgerald, autore di molti  romanzi ( Tenera è la notte, Belli e dannati).


 
                  



In una breve introduzione  dell'edizione Donzelli, si scopre che lo spunto  venne  a Fitzgerald da una battuta dello scrittore Mark Twain:” La parte migliore della vita è all'inizio, la peggiore alla fine”. La prima pubblicazione avvenne nella rivista Collier's nel 1921 (o nel 1922 poiché  le fonti sono discordi);  la storia apparve, quindi,  nella raccolta di racconti “ Tales of the Jazz Age” del 1922. Fitzgerald scoprì soltanto qualche tempo  più tardi che la trama del suo racconto era identica a un'altra apparsa nei “Note-books” (“Appunti”) di Samuel Butler anche se non se ne può  valutare l'attendibilità della dichiarazione.




             


Il testo che ho analizzato è sotto forma di graphic novel,  in una veste inedita corredata appunto dai contributi del pittore statunitense, che segue tutta la storia con i suoi disegni,  e con un’attenta  traduzione di Bianca Lazzaro; il breve racconto  mi è apparso  particolarmente piacevole e accattivante.
Fitzgerald aveva dichiarato che si era rifatto sì  ad un’osservazione di Mark Twain   che ah sua volta aveva ripreso  il titolo del romanzo di Doris Lessing, Se gioventù sapesse, se vecchiaia potesse.

 
This looks great      



                       
Lo stesso Fitzgerald lo considerava “la cosa più divertente che io abbia mai scritto”, uno dei suoi racconti più divertenti anche per lo spunto che “la parte migliore della vita fosse all’inizio e la peggiore si concentrasse alla fine”.
 È lo strano racconto di un uomo che “nasce” settantenne e vive la vita al contrario, ringiovanendo invece di invecchiare. Questa straordinaria graphic novel narra le bizzarre avventure di questo strano individuo che, in questa sua “vita al contrario”, vive comunque le tappe fondamentali dell’esistenza.
Partendo da tale affermazione l’autore riuscì  a “mettere in scena” questa parabola sulla vita che giunge in modo diretto al lettore. Un racconto breve e brillante, capace di trasportarci nella realtà senza tempo del protagonista.
“Il mio nome è Benjamin Button, e sono nato in circostanze insolite”  fatidiche parole che tratteggiano questa  fiaba esistenziale ricca di pathos e umanità, un’avvincente e coraggiosa biografia immaginaria di un uomo nato con l’aspetto di un ottantenne,  con la condanna  a ringiovanire man mano che cresce, ripercorrendo   a ritroso tutte le tappe della sua evoluzione fisica, ma conservando  memoria e intelletto di un adulto.
Il nostro Fitzgerald è l‘impareggiabile cantore dello smarrimento e della nostalgia che hanno caratterizzato l’America nel delicato passaggio  tra ‘800 e ‘900.

                       


UNA CURIOSA NOVITA’



Per me che “adoro” Woody Allen, è sembrata fantastica la sua riflessione sull’ ”incresciosa faccenda”:” La cosa più ingiusta della vita è come finisce. Voglio dire: la vita è dura e impiega la maggior parte del nostro tempo. Cosa ottieni alla fine? La morte. Che significa? Che cos’è la morte? Una specie di bonus per aver vissuto? Credo che il ciclo vitale dovrebbe essere del tutto rovesciato. Bisognerebbe iniziare morendo, così ci si leva subito il pensiero. Poi, in un ospizio dal quale si viene buttati fuori perché troppo giovani. Ti danno una gratifica e quindi cominci a lavorare per quarant’anni, fino a che sarai sufficientemente giovane per goderti la pensione. Seguono, feste, alcool, erba ed il liceo. Finalmente cominciano le elementari, diventi bambino, giochi e non hai responsabilità, diventi un neonato, ritorni nel ventre di tua madre, passi i tuoi ultimi nove mesi galleggiando, e finisci il tutto con un bell’orgasmo!


 

Una storia al contrario

 
Ambientata nella Baltimora del 1860, in poco più di cinquanta pagine , l’autore descrive con semplice  fluidità il “percorso inverso” di Benjamin Button, che per uno strano caso del destino nasce vecchio”.
Ingabbiato  nella sua “ insensata vecchiaia”,  incapace di capire dove sia l’ordine delle cose, Benjamin cresce sotto il critico sguardo della borghesia di Baltimora e di suo padre che con  fatica deve accettarlo.
Se pur a ritroso, gli anni scorrono per il  bambino-vecchio  che, incapace di fermare il tempo, si ritrova ben presto uomo dall’aspetto “maturo” e  “questi anni di mezzo”  regalano un po’ di serenità a Benjamin, che nella parte  centrale del percorso della sua vita riesce ad andare a tempo con la realtà circostante. Ma tale felicità  per il protagonista è effimera illusione,   parentesi di una vita che lo rende protagonista e spettatore del tempo. 



Gli anni gli scivolano  addosso trasportandolo in una realtà ben lontana da quella che hanno attraversato i suoi genitori , ormai vecchi, ma suoi  coetanei; una realtà che pian piano perde colore come  i ricordi di quel percorso vissuto al contrario, una realtà che sta a documentare  la sua strana  “de-crescita” e soprattutto una realtà che non può far niente per il suo percorso inverso, ed infine  lo “abbandona”  tra le braccia di una donna che si prende cura di lui, fino a quando tutto non è  altro che buio e le fatiche di quella vita solo un ricordo ormai lontano, senza più sogni…  senza memoria.
«Poi, fu tutto buio... la culla bianca e le facce scure che si spostavano sopra di lui, e il profumo caldo e dolce del latte, svanirono tutt’a un tratto dalla sua mente».
Questo Fitzgerald mi è apparso innovativo, rovesciando con maestria le naturali  tappe  dell’uomo con il donarci il “gusto del tempo”.
Emotivamente credo che il lettore si identifichi  con la “curiosa” realtà del fanciullo-nato-vecchio  che si ritrova a dover fare i conti con la propria vita e la propria coscienza,  scandita dai ritmi di una società che “affoga” distrattamente nell’attimo.
Il curioso caso di Benjamin Button”, secondo me, tende a farci apprezzare la bellezza di ogni tappa della  nostra “vita”, una specie  di “vivi alla giornata” sottinteso si intravede tra le attente  parole di Scott Fitzgerald  arrivando in modo diretto all’inconsapevole lettore:  emozioni contrastanti avvolgono tutta la  narrazione che  si  forma pagina dopo pagina.
A me è apparsa una lettura molto  accattivante e stravagante, capace di coinvolgere e sconvolgere allo stesso tempo, soprattutto chi spesso sogna perché  questo racconto breve è una parabola di cui non  si può fare a meno, un sogno vissuto al contrario, in cui il “rumore” della  realtà si affievolisce  e scompare, è un attimo che si  concretizza nell’astratto;  r
ealtà e finzione si fondono in modo perfetto rendendo la storia una  fiaba senza tempo.
Dopo molti anni se analizziamo l’irreale condizione del protagonista essa si mostra perfettamente incastrata  nel nostro multiforme “puzzle sociale”; Benjamin è  inconsapevolmente portavoce dell’attuale “disagio del diverso”, tra l’immagine e l’essenza. Il curioso caso di Benjamin Button è un racconto capace di cambiare, nel suo piccolo, il microcosmo del lettore perché  nella sua semplicità arriva al cuore del lettore.